Sentenza n. 95 del 1977
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SENTENZA N. 95

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare), promosso con ordinanza emessa il 27 maggio 1974 dal tribunale di Roma, nella procedura fallimentare a carico della s.r.l. San Marco e San Roberto, iscritta al n. 450 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 324 dell'11 dicembre 1974.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 1977 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Il liquidatore della società a responsabilità limitata in liquidazione San Marco e San Roberto, con atto notificato oltre il termine stabilito dall'art. 18 del r.d. 16 maggio 1942, n. 267 (cosiddetta legge fallimentare), ha proposto opposizione avverso la sentenza del tribunale di Roma, che ne aveva dichiarato il fallimento, convenendo in giudizio il curatore nonché il creditore esattore del Comune di Roma.

L'opponente società ha premesso in fatto che non le erano stati notificati nella sua sede legale né l'ordine a comparire avanti il tribunale in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 15 del r.d. n. 267 del 1942, né la comunicazione per estratto della sentenza dichiarativa del fallimento, ai sensi dell'art. 17 del r.d. medesimo. Ciò perché sia il creditore istante che l'ufficio giudiziario non avevano tenuto conto del trasferimento della sede sociale di essa opponente, regolarmente deliberato dall'assemblea ordinaria dei soci il cui verbale era stato depositato ed annotato nella cancelleria del tribunale in epoca anteriore alla instaurazione della procedura concorsuale.

Pertanto la società a responsabilità limitata in liquidazione San Marco e San Roberto - che, nel merito, contestava di versare in stato di insolvenza - ha chiesto fosse dichiarata ammissibile l'opposizione da essa proposta e revocata la sentenza dichiarativa del fallimento;

subordinatamente, ha sollevato eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge fallimentare "nella parte in cui non dispone che il termine di decorrenza dall'affissione della sentenza per l'opposizione non si applica quando il fallito dimostri di non aver avuto conoscenza della procedura per nullità della notificazione dell'avviso di convocazione in camera di consiglio o quando la sentenza dichiarativa del fallimento é nulla per nullità del relativo procedimento".

2. - Con ordinanza in data 27 maggio 1974, il tribunale di Roma ha ritenuto rilevante e, in riferimento all'art. 24 (comma secondo) della Costituzione, non manifestamente infondato il dubbio di illegittimità costituzionale dell'art. 18 (comma primo) del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, nella parte in cui non prevede la possibilità di proporre opposizione anche oltre il termine (perentorio) previsto dalla stessa norma, almeno nei casi in cui il fallito sia in grado di dimostrare la nullità della notifica dell'avviso di convocazione in camera di consiglio e la conseguente nullità della sentenza dichiarativa del fallimento.

Ad avviso del giudice a quo, la questione sarebbe diversa da quelle decise con le sentenze n. 93 del 1962 e n. 141 del 1970 di questa Corte, nel senso che, pur tenendo ferma la decorrenza del termine di opposizione dalla data di affissione per estratto della sentenza dichiarativa del fallimento, non sarebbe stata esaminata l'ipotesi in cui il debitore venisse a trovarsi nell'impossibilità di osservare quel termine per un concorso di cause a lui non imputabile.

La fondatezza della questione risulterebbe, poi, da un duplice ordine di considerazioni. Da un lato, dal rilievo desumibile dai citati precedenti, secondo i quali l'affissione per estratto della sentenza dichiarativa del fallimento andrebbe inquadrata nel sistema complessivo previsto dalla legge fallimentare, agli artt. 15, 17 e 84, rispettato il quale si renderebbero molto rari o addirittura eccezionali i casi in cui il debitore ignorasse l'esistenza di una procedura concorsuale nei suoi confronti. Dall'altro, dal principio generale (recentemente ribadito da questa Corte - sentenza n. 89 del 1972 - in tema di opposizione proposta tardivamente, per caso fortuito o per forza maggiore, alla convalida di sfratto) per cui la violazione del diritto di difesa si dovrebbe negare nell'ipotesi di accertata volontarietà di un comportamento inerte o negligente dell'interessato, ma sarebbe consumata in tutti i casi in cui questi non sia stato in grado, per fatto a lui non imputabile, di osservare un termine perentorio previsto per il compimento di un atto processuale.

L'ordinanza é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

3. - Nel giudizio innanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Deduce l'Avvocatura che la normativa prevista per la pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento é stata già ritenuta costituzionalmente legittima da questa Corte, indipendentemente dalla effettiva conoscenza, da parte del fallito, della sentenza, data la finalità di quest'ultima ed a ragione della rilevanza degli interessi in gioco e della particolare natura del relativo procedimento.

Osserva, infine, che l'inconveniente lamentato dal giudice a quo non potrebbe risolversi nella illegittimità costituzionale della norma denunziata e che, comunque, esso sarebbe da ascrivere, nella specie, anche a difetto di diligenza della società, per non avere questa curato di lasciare il nuovo recapito nella vecchia sede.

Considerato in diritto

1. - E stato denunziato a questa Corte, in riferimento all'art. 24 (secondo comma) della Costituzione, l'art. 18 (primo comma) del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare), nella parte in cui non prevede la facoltà di proporre opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, anche oltre il termine, ivi stabilito, di quindici giorni dall'affissione dell'estratto alla porta esterna del tribunale, nei casi in cui il debitore sia in grado di dimostrare la nullità della notificazione dell'avviso di convocazione, di esso imprenditore, in camera di consiglio (ai sensi del vigente testo dell'art. 15 dello stesso r.d.) e l'asserita conseguente nullità della sentenza che ha dichiarato il fallimento.

Nell'ordinanza di rimessione, si sottolinea che la questione proposta é ben diversa da quelle risolte con le sentenze n. 93 del 1962 e n. 141 del 1970 di questa medesima Corte che hanno affermato e ribadito la compatibilità della forma e del termine previsti dall'art. 18 del r.d. n. 267 del 1942 con il principio costituzionale del diritto di difesa. Si assume, inoltre, che la questione stessa troverebbe il suo fondamento nei medesimi principi seguiti dalla sentenza n. 89 del 1972, con la quale é stata dichiarata la parziale illegittimità del primo comma dell'art. 668 del codice di procedura civile, in quanto non consentiva l'opposizione tardiva alla convalida di sfratto da parte dell'intimato che, pur avendo avuto conoscenza della citazione, non avesse potuto comparire all'udienza per caso fortuito o per forza maggiore.

2. - Nell'individuare gli esatti termini della questione, occorre, anzitutto, tener presente che essa non pone in discussione la norma denunziata nella parte in cui fa decorrere il termine per l'opposizione dall'affissione per estratto della sentenza, né, tanto meno, investe quella peculiare forma di pubblicazione della sentenza stessa.

Tale differente questione, già dichiarata non fondata con la citata sentenza n. 93 del 1962, é stata successivamente ritenuta manifestamente infondata (sent. n. 141 del 1970, ord. n. 59 del 1971 e sent. n. 110 del 1972) da questa medesima Corte, davanti alla quale non sono stati addotti motivi nuovi che avrebbero potuto indurla a mutare la propria giurisprudenza.

Per la sostanziale diversità della questione ora posta alla Corte, neppure potrebbe farsi applicazione, nella specie, dei principi posti a base della successiva sentenza n. 255 del 1974, con la quale é stata ritenuta contrastante con il precetto costituzionale del diritto di difesa la decorrenza dei termini per proporre l'appello ed il ricorso per Cassazione contro la sentenza che omologa o respinge il concordato preventivo dalla data di affissione di essa anziché da quella di ricezione della comunicazione della stessa. Infatti, la dichiarazione di illegittimità costituzionale, in parte qua, del denunziato art. 183, primo comma, e, derivante, degli artt. 181, primo e terzo comma, e 183, terzo comma, del r.d. n. 267 del 1942 poggiava sulla constatazione che non ricorrevano, nella specie allora in esame, quelle considerazioni ed esigenze oggettive, inerenti alla speciale procedura fallimentare delle quali, a ragione, si era tenuto conto in altri casi, previsti dalla legge medesima.

3. - Nei termini in cui é stata proposta, la questione non é fondata.

Dalla mancata osservanza della norma di cui all'art. 15 del r.d. n. 267 del 1942 nel testo attuale viene, infatti, dedotta dal giudice a quo, oltre che la nullità della sentenza dichiarativa del fallimento, la impossibilità, nella fattispecie, per il debitore, sia di venire tempestivamente e in concreto a conoscenza della pronunzia che lo riguarda, sia, conseguentemente, di osservare in concreto il termine fissato dal successivo art. 18.

Peraltro, come é stato osservato nella sopra citata sentenza n. 255 del 1974, a differenza della notificazione che "tende al risultato di portare effettivamente l'atto nella sfera di conoscenza dei destinatari", "l'affissione in sé ed ancor più per le modalità con cui suole in pratica avvenire, fa sorgere, a tutto concedere, una mera presunzione di conoscenza peraltro insuperabile".

Per questa sua natura, l'affissione rientra nello schema strutturale del meccanismo pubblicitario, diretto a produrre non già la effettiva conoscenza, ma la conoscibilità legale di un atto.

Ne consegue che la prova della non imputabilità all'interessato della mancata osservanza di un termine decorrente dall'affissione di un atto, in ragione della mancata effettiva conoscenza dell'atto affisso per fatto non imputabile all'interessato stesso, si rende inammissibile, poiché la situazione dei singoli soggetti é irrilevante, stante "l'insuperabile presunzione di conoscenza" che inerisce al meccanismo pubblicitario adottato dal legislatore, la cui legittimità non é contestata dal giudice a quo.

Sotto il profilo ora considerato, la questione é anche diversa da quella decisa con la sentenza n. 89 del 1972 e, sulla stessa direttiva di quest'ultima, da quella risolta dalla sentenza n. 120 del 1976.

In entrambe tali decisioni, infatti, si trattava di provvedimenti dei quali é prevista la notificazione e, sul presupposto della conoscenza dell'atto da parte dell'intimato, se ne é consentita la opposizione tardiva quando giustificata da caso fortuito o da forza maggiore.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 (primo comma) del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), sollevata, in riferimento all'art. 24 (secondo comma) della Costituzione, dal tribunale di Roma con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Conte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 30 maggio 1977.